I Robin Hood di Tor Tre teste
Repubblica — 30 maggio 2010 pagina 1 sezione: ROMA
CAMPIONE della giustizia e degli incassi, Robin Hood sembra essere uno di quei miti che non invecchiano mai: lo credi ormai ammuffito e invece eccolo da capo tra di noi, sempre pronto a rubare ai ricchi per dare ai poveri, anche se nel film di Ridley Scott la storia precede i momenti più celebri, quelli nella foresta di Sherwood con l’ allegra brigata, l’ odiato sceriffo di Nottingham e la bella Marian. La forza di Robin Hood sta tutta nel suo arco: finché ci sarà un attore in grado di curvare al massimo quel arma e di scoccare la freccia capace di cogliere un bersaglio impossibile, il successo sarà garantito. Pensavo a tutto ciò passando poche mattine fa accanto al bel parco di Tor Tre Teste: schierati come valorosi Sassoni, una ventina di ragazzini scagliavano le loro frecce verso bersagli lontani, e di sicuro ognuno di loro si sentiva l’ arciere più straordinario del mondo. Non si trattava di una banda di ragazzini con archi improvvisati, legni, spaghi, stecche di ombrello: avevano veri archi, quelli che vediamo ogni quattro anni alle Olimpiadi, strumenti raffinatissimi, con mirini e bilancieri, in grado di infilare una meletta a sessanta metri meglio di Guglielmo Tell. E già, perché nel parco c’ è un’ ottima scuola di tiro con l’ arco, disciplina in equilibrio tra Occidente e Oriente, tra tensione e distacco, tra bracciole e mente. Giovani e adulti, uomini e donne si allenano a fare centro. È bello fermarsi e osservarli concentratissimi mentre pensano al bersaglio, quasi fusi con esso, e tendono l’ arco, e immobili scoccano. La freccia vola come un pensiero, si pianta nel bersaglio, e per un attimo il mondo sembra un posto preciso. – MARCO LODOLI